Dopo un post in cui ti spiegavo quello che so sulla PEG (qui), oggi ti racconto l’esperienza di mio padre con la tracheostomia. Non sarà un racconto (ne avevo già parlato), bensì un articolo in cui riassumo i concetti fondamentali. Come sempre userò un linguaggio il più possibile semplice e chiaro, ma non faccio il pneumologo: questo post ti serva solo come la condivisione di un punto di vista (non professionale).
Quando si tratta di un intervento a lungo termine si deve parlare di tracheostomia (con la esse), anche se comunemente la chiamiamo tutti tracheotomia o – per gli amici – “tracheo”. Dai, cerco solo di sdrammatizzare, aggiungere carico negativo sarebbe peggio.
Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.
Cos’è la tracheostomia e a cosa serve nella SLA
E’ un’apertura alla base del collo che consente di attaccarvi il tubo della ventilazione meccanica, affinchè si possa respirare aiutati, appunto, dal ventilatore.
Come funziona
Il ventilatore è una macchina che simula la respirazione soffiando dentro e fuori l’aria nei polmoni. Ad esso è attaccato un tubo che si aggancia alla base del collo del paziente, tramite una cannula che è stata inserita in trachea durante l’intervento.
L’intervento è complesso? Fa male?
Chiaramente è pur sempre un intervento, anche se gli addetti ai lavori mi spiegavano che – a livello puramente tecnico – non si tratta di una operazione granchè complessa. Viene effettuata, sotto sedazione, in terapia intensiva per ragioni di sicurezza e la durata – presumo – è di una manciata di minuti, forse addirittura di secondi. Per i primi giorni a mio padre è stato somministrato un po’ di antidolorifico. Certo, non che farsi fare una tracheo sia cosa da niente, per carità, ma dopo una decina di giorni l’antidolorifico non era più necessario.
Qual è il momento di fare la tracheo?
Naturalmente a dirtelo deve essere un medico esperto di SLA, io posso solo condividere quel che so. Di norma la tracheo si rende necessaria quando la NIV (ventilazione non invasiva, la maschera collegata al ventilatore) non è più in grado a garantire una respirazione sufficiente. Se con la NIV la saturazione non tiene e l’esame dell’emogas (in particolare la CO2, ma non solo) è sballato, è chiaro che la ventilazione mediante tracheostomia è un qualcosa cui pensare nel concreto. Non c’è una regola uguale per tutti: ci sono SLA che presentano un deficit respiratorio importante nel breve, altre che con la sola NIV convivono per anni senza grossi problemi. Ogni caso è da valutare a sè con l’équipe medica, altrimenti si può solo ragionare di principi generali. Parlando di mio padre, posso raccontarti che quando la NIV non basta più, ovvero è fonte di tribolazioni e complicanze, allora la tracheo – almeno nel suo caso – è un qualcosa che va a migliorare la qualità di vita in modo importante. Per favore, cerca di capire bene le mie parole. Non ti sto dicendo che la tracheo in sè migliora la vita: se uno non ne ha bisogno è meglio. Sto invece affermando che quando la NIV non riesce a garantire una respirazione funzionale, le rogne continue cui sei sottoposto sono peggiori della tracheo. Mio padre con la NIV non ebbe infatti grande fortuna e ricordo l’ultimo mese pre-tracheo come un vero inferno: emergenze continue, patemi, saturimetro sempre sott’occhio, ansia a mille per noi, giornatacce e nottatacce per lui. Forse uno dei periodi più tosti in assoluto, da quando è iniziata la storia della SLA. La notte decisiva, dove capimmo che non si poteva continuare con la NIV, per me fu un enorme sollievo. Quando mio padre accettò l’intervento della tracheo ero – paradossalmente – di ottimo umore. Era senz’altro una reazione psicologica all’immenso calvario di quelle settimane, una liberazione: immaginavo che peggio di quei giorni non saremmo andati. E così è stato: dopo un paio di settimane di non semplicissimo adattamento, mio padre era felice di aver scelto anzitutto di vivere e restare con noi, e lo era altrettanto di essersi tolto dalle palle quella maschera che – al punto in cui era arrivato – gli dava molti più guai che benefici. Il discorso è analogo a quello che feci per la PEG: pure la tracheo non è un giocattolo divertente ed è meglio non doverla fare, ma quando il gioco si fa duro, con la tracheo i problemi diminuiscono e la respirazione è al sicuro. Ti permette di stare a questo mondo con i tuoi cari e di non avere più crisi continue e drammatiche. Credimi, non è poco.
Richiede una gestione e manutenzione complessa?
La PEG è più semplice, inutile nasconderci. La tracheo è sicuramente più articolata da gestire, anche se – te lo assicuro – i timori passano alla svelta appena chi ti segue si abitua un attimo. Rimane il fatto, comunque, che gestione e manutenzione sono due aspetti fondamentali e che richiedono un po’ di pratica, di esperienza e… una mente sveglia. Tutto si impara, comunque, del resto io non nasco come anestesista-rianimatore, eppure ora maneggio e gestisco ad occhi chiusi tutto quanto riguardi la tracheo. Se parliamo di “manutenzione” in sè c’è un cambio cannula da effettuarsi ogni 2-3 mesi a cura di un medico che verrà a casa tua: procedimento fastidioso, ma dura 30 secondi. C’è poi da sostituire i tubi del ventilatore una volta al mese (1 minuto), lavare e cambiare qualche filtro (20 secondi). Di rilievo la gestione quotidiana. Attenzione: nulla è comunque più difficile di quando la NIV non ti basta più. Quello è il momento più duro per tutti, malato e caregiver; la tracheo – rispetto a quel contesto – è quasi manna dal cielo (capisci cosa voglio dire, vero?). Resta il fatto che bisogna imparare ad aspirare, ad usare la cuffia (semplice), ad effettuare la macchina della tosse e – soprattutto – sarà importante imparare nel tempo a fronteggiare problemi che prima o poi si presenteranno, come le infezioni. Se devo fare un bilancio, e lo faccio trasmettendoti quel che pensa anche mio padre che è il diretto interessato, questo rimane positivo: mio papà è rimasto con noi, ha continuato a scrivere con il suo computer oculare, a guardarsi le partite in Tv con me, a sorridere e chiacchierare (sempre scrivendo) con gli amici. E’ altresì evidente che respirare tramite ventilazione invasiva grazie a tubi collegati ad un respiratore non sia una passeggiata nè un gioco da ragazzi. E’ una scelta di vitale importanza nel vero senso della parola, ed è insindacabile. Ciò che più conta è ragionarci con lucidità – nel bene e nel male – perchè troppa emotività può essere fuorviante.
Cosa consiglierebbe la vostra esperienza?
Come dicevo, il consiglio è di pensarci molto bene prima, valutando pro e contro di ogni scelta. Per la tracheo, ancor di più che con la PEG, si tende a tirare avanti il più possibile quando già con la NIV si è nei pasticci (nel senso che pur utilizzandola tutto il giorno, si fatica terribilmente a respirare), mentre col senno di poi sia mio padre che io ci siamo detti che andava fatta prima. Aspettare l’ultimo minuto può avere conseguenze non trascurabili e generare sofferenze evitabili o limitabili scegliendo prima. Non voglio spaventarti, ma se sei qui vuol dire che ti interessa il mio parere e l’esperienza diretta di mio padre. Lui è sempre stato contrario all’intervento, poi – all’ultimo – ha cambiato idea (per fortuna): l’avesse cambiata prima ne avremmo guadagnato tutti, lui in primis. Le ultime settimane di NIV ci hanno provato duramente. Pure la tracheo – come scrivevo della PEG – fa molta più paura prima, quando ci pensi, rispetto a quando ce l’hai e ti sei un minimo abituato. Non ti voglio spingere a pensare di accettarla, sono scelte tue, ma questa è l’esperienza di mio papà. Non tutto è rosa e fiori, naturalmente: le infezioni sono un problema serio, le necessità di aspirazione frequenti. Tutti aspetti che si affrontano, ma è bene soppesare prima.
La tracheo nella SLA compromette la qualità di vita?
La tracheo comporta una ventilazione invasiva, non si può sminuirne il peso. E’ altresì vero, se hai bisogno della tracheo, che fino a una settimana prima non te ne andavi a cavallo nei boschi o a giocare a basket facendo piroette e schiacciate a canestro, anzi stavi tribolando – e non poco – con la NIV. Rispetto a questo contesto, la tracheo toglie problemi: ne dà certamente altri, almeno potenzialmente, ma mai rognosi come quando con la NIV arranchi. Serve imparare a gestirla, ad aspirare, ad intuire le variabili ad essa collegate. Sono cose fondamentali, ma più o meno a portata di tutti coloro abbiano un po’ di buona volontà.
Con la tracheo posso sedermi in poltrona o uscire?
Sì, il ventilatore è portatile e spostabile, quindi nulla vieta che tu possa uscire in carrozzina se il tuo fisico te lo consente. Certo, spostarti dal letto alla poltrona – per dirne una – richiede attenzione e cautela, ma si può fare.
L’intervento, in sintesi, ti consente di continuare a vivere e di uscire dall’inferno di una NIV quando non è più sufficiente a farti respirare come si deve, l’altra faccia della medaglia è l’essere attaccati ad un respiratore con tutto ciò che ne consegue. Da dire ci sarebbe ancora molto ma mi fermo qui, ritenendo di aver tratteggiato quelli che sono i punti chiave di un più lungo e complesso ragionamento sulla tracheo. Ogni decisione spetta solo a te, assieme alla tua famiglia e consigliato dai medici che sapranno fornirti indicazioni qualificate per la scelta ottimale, tenendo conto di ciò che essa comporta in un verso e nell’altro.
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