Metà novembre 2014, inizio ad essere stanco: siamo appena tornati da 21 giorni in Germania dove abbiamo iniziato il lungo corso di antibiotici per debellare le infezioni che avevo scoperto mesi prima e che – in linea teorica – potevano avere una chance (minima ma reale) di rappresentare la chiave di volta, o qualcosa di simile. Rientriamo in Italia e c’è già da partire per Tel Aviv con un padre che inizia ad avere qualche problema serio, anche se ancora minimamente autosufficiente. Ricordo bene la notte della partenza per Milano Malpensa, quella notte di novembre pioveva e faceva freddo. Fare le scale con lui per scendere in strada a prender la macchina non fu una passeggiata. Ero triste, perchè nei mesi precedenti non facevo che ripetere – tra me e me, e con qualche amico – che se fossimo arrivati al punto di fare le staminali, ciò avrebbe significato il fallimento di tutto il resto. Per fortuna, almeno, c’erano gli antibiotici a tenermi su di morale, visto che all’epoca del primo viaggio in Terra Santa li avevamo appena cominciati e la partita era apertissima. Che sonno – quella mattina – a guidare verso l’areoporto! La pioggia sul parabrezza ed io pervaso da un freddo che mi accarezzava le ossa con fare sinistro: era più una sensazione psicologica, come se avvertissi in me quel gelo che stava pietrificando mio padre settimana dopo settimana. Tra l’altro, arrivati a Malpensa, lui fatica moltissimo a scendere dalla macchina e serve il mio aiuto. Non appena entrati in areoporto si ferma e non viene più avanti. “Cominciamo bene“, ho pensato. Ritentiamo, ma niente. Le gambe non si muovono più, ed è tutto irrigidito.
Capisco che stava iniziando a perder colpi, così per sbloccare la situazione cerco un addetto e chiedo una sedia a rotelle. In qualche minuto mi ritrovo a spingere mio padre sulla carrozzina, è la nostra “prima volta”. Erano mesi che aspettavo quel momento, come fosse qualcosa di inevitabile che prima o poi sarebbe dovuto accadere; bene, eccoci qui! Dopo ore noiose e cupe, ci imbarchiamo che è ancora buio e l’aereo parte in orario. A ora di pranzo saremmo atterrati al Ben Gurion.
Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.
Tel Aviv dall’alto è suggestiva, si affaccia sul mare con bellissime spiagge e dal finestrino dell’Airbus ammiri quel misto tra città metropolitana moderna (fascinosa la skyline) e le costruzioni tipiche del Medioriente. Grazie al cielo, all’arrivo mio padre si regge in piedi e riusciamo ad uscire ognuno sulle proprie gambe dal modernissimo aeroporto. Un taxi ci porta all’hotel che avevamo prenotato nel cuore della città. Peccato per il contesto – non certo dei migliori – perchè Tel Aviv iniziava a piacermi davvero. Era novembre e c’erano 25 gradi, gente che gioca a beach-volley, localini e localetti sempre aperti, persone molto europee nelle fattezze. Il portiere d’albergo è un israeliano-arabo open-minded, dice di amare l’Italia e Milano in particolare, per la moda ed il cibo. Visto che non è disponibile un ristorante interno, chiedo dove possiamo mangiare a pochi passi da lì. Non ero stato stupido nello scegliere la posizione: essendo in pieno centro, c’erano posticini ovunque. Mio padre ancora riusciva a masticare e deglutire in qualche modo, ce la saremmo cavata.
Il soggiorno era di tre notti: arrivammo di sabato, l’incontro col Professore era fissato a domenica (per gli ebrei è un giorno lavorativo), il prelievo del midollo dal bacino per lunedì pomeriggio e il martedì saremmo volati a Malpensa. Non vedevo già l’ora, ero stanco e preoccupato, godersi il posto – bellissimo – era impossibile, con i problemi a cui pensare dalla salute in giù. Sapevo che le staminali erano il rimedio con le minori probabilità di successo (tendenti allo zero…): in molti le hanno fatte e non ce n’è uno solo tra i 5 continenti che riporti chissà quale risultato, nè in Israele nè altrove. Se ci fosse stato, lo avrei di certo trovato. Vabbè, non ero qui per cercare una cura, avevo fissato l’asticella ad un punto ben basso: “che queste cellule ci aiutino a guadagnare un paio di mesi sulla progressione, e ci metterei la firma“, riflettevo.
Il primo giorno passa abbastanza veloce, dopo pranzo mio papà si riposa dal viaggio e io faccio due passi nei dintorni, mentre cammino pregando Iddio direttamente da Casa Sua, affinchè gli antibiotici cominciati da poco più di due settimane riuscissero a sortire qualche effetto. Pregarlo per le staminali no, significava davvero chiedergli l’impossibile. Nel tardo pomeriggio incontriamo una gentilissima signora israeliana che ha vissuto in Italia per un decennio: è un’amica del fratello di mio padre, viene a trovarci per chiederci se abbiamo bisogno di qualche aiuto o informazione. Ci propone per il giorno seguente di venirci a prendere col marito che ci avrebbe portato in macchina in giro per Tel Aviv e per la caratteristica Giaffa, appena più a Sud e confinante con la metropoli, dove avremmo mangiato del cous-cous con il pollo (lo so, c’è il glutine, fu uno strappo alla regola per cause di forza maggiore). Al termine del pranzo, ci avrebbero lasciato davanti al grattacielo dove aveva sede la clinica, per l’incontro con il suo responsabile.
La sera troviamo un grazioso ristorante italiano a 5 minuti a piedi (10, con l’andatura di mio papà), che di nostrano aveva forse solo l’insegna. I piatti non erano neanche male, ce la caviamo con del petto di pollo aromatizzato da qualche spezia locale. Riaccompagno mio padre in camera, ma è presto per dormire così scendo di nuovo per una passeggiata solitaria. Tutto attorno a me era bello, c’era vita e movimento, ma mi sentivo in gabbia. Non rientro in stanza senza approfittare della macchinetta self-service dell’albergo, per farmi un tè verde.
Prima di addormentarmi buttavo l’occhio sulla scatola gialla di minociclina sul comodino (l’antibiotico recentemente iniziato contro le infezioni simil-SLA), un po’ come mia nonna che – ogni sera – volge lo sguardo al quadretto della Madonna appeso al muro dietro la testata del letto.
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INTANTO VI AUGURO BUONA FORTUNA .IO E MIA MADRE ABBIAMO FATTO LO
STESSO VIAGGIO IN ISRAELE PER IL TRAPIANTO DI STAMINALI AD AGOSTO ,ED ADESSO SEMBRA CHE LA MALATTIA ABBIA AVUTO UNA BATTUTA D’ARRESTO.
SE POSSO CHIEDERE UNA COSA :RIGUARDA IL GM604 DELLA GENERVON TU COSA
NE PENSI?
DAI UN’ABBRACCIO A TUO PADRE DA PARTE MIA.
Sono contento che dall’esperienza israeliana abbiate avuto qualche segno positivo, almeno sul rallentamento della progressione: credimi che è già qualcosa. Riguardo al farmaco, ti do una opinione che vale poco perchè non sono un medico, e nemmeno sono informatissimo sul Gm604. So cosa sia e come dovrebbe agire, ma non ho competenze mediche per parlare. Diciamo che potendo, sì certamente lo proverei visto che la medicina non offre di più e il GM è qualcosa di più nuovo dell’ormai vecchio e palesemente inefficace riluzolo. Viste le alternative nel campo (quasi zero), potendo io lo proverei. Rimangono un mistero i possibili effetti collaterali: in teoria pare non ce ne siano stati, ma gli studi finora sono piccoli e chiaramente bisogna considerare il rischio – già verificatosi – di un qualcosa di apparentemente promettente che poi si è rivelato più dannoso che utile. Ed infine, come tutti i farmaci, anche il GM non va alla causa ma cerca di mettere una pezza e questo non mi fa ben sperare. Il meccanismo ha lo scopo di interferire con geni eventualmente mutati e malfunzionanti, ma non risale alla causa che ne ha indotto il mutamento/malfunzionamento. Ti ringrazio dell’in bocca al lupo, che ricambio di cuore.
Vorrei provare anch’io le cellule staminali a Israele , sapete darmi notizie cosa devo fare ? come contattare e chi? e i costi da sostenere, sono un malato di sla , se qualcuno può darmi notizie lo ringrazio tanto b. giornata
Vorrei avere anche io delle notizie in più sulle cellule staminali in Israele … Ho mio padre malato di SLA e non so come fare e a chi mi devo rivolgere . Grazie !
Ciao Alessia, spero tu abbia ben chiaro che cosa sono le staminali e cosa ci si può (e non ci si può!) aspettare. La cosa peggiore che puoi fare è andare per le staminali senza sapere esattamente cosa siano nè cosa è lecito attendersi. Molte persone le fanno, poi scoprono che non sono una cura e che i benefici sono spesso inesistenti, o comunque minimi e transitori, per poi gridare alla truffa. Le staminali non sono una cura: molto spesso non danno alcun risultato visibile, capita che diano qualche beneficio tangibile ma temporaneo, in quanto non si va a bloccare il meccanismo che porta avanti la malattia. Poi se uno vuole provare, lo faccia pure come ho fatto io, ma ben sapendo a cosa va incontro. Altrimenti c’è il rischio di illudersi, di incavolarsi e di sentirsi truffati quando invece, con qualche informazione, ci si sarebbe preparati come si deve. Ti mando via mail il centro dove sono stato io con mio padre, e dove – almeno in apparenza – non abbiamo avuto alcun beneficio. Ma non ci hanno truffato: che era difficile ce l’avevano detto chiaramente.
Ciao Nick, ho mia moglie con la SLA, se riesci puoi mandarmi anche a me il centro di riferimento dove sei andato con tuo padre? Ti ringrazio
Ciao ALberto, dando per scontato che hai letto le FAQs e tutte le varie premesse, ti rispondo in privato per quanto riguarda il centro. Cosa penso delle staminali penso lo hai capito, se hai letto con attenzione (non sono un medico, quindi la mia è sempre e solo una opinione personale senza valenza medica, per questo ti consiglio di consultarti con il neurologo, prima di intraprendere iniziative).
Salve,
Qualcuno puo dire anche a me come organizzarsi per la cura delle staminali??
Grazie di cuore
Lo so che è brutto dirlo ma se vuoi un mio parere personale (e non medico, quindi non prenderlo come verità assoluta visto che non sono un dottore), lascia perdere per ora le staminali, specie quelle a pagamento in giro per il mondo. Io, tornando indietro, probabilmente non le terrei più in considerazione.