Il capitolo “infezioni” è ricchissimo di spunti – tuttora in evoluzione – che voglio condividere cercando sempre di tenere un tono tale da non annoiare e non intristire chi mi legge. Ma sono realista, la vicenda che racconto è davvero drammatica; purtroppo, salvo miracoli, non avrà un lieto fine anche se garantisco che lotterò finchè avrò sangue in corpo.
Proseguo col racconto della storia, e mi porto questa volta ad ottobre 2014. Nei trenta giorni precedenti ci eravamo mossi per andare a fondo nel discorso: prima in Italia da uno dei massimi esperti di Lyme e co-infezioni, poi in Germania per un consulto con i medici della clinica-laboratorio che con i loro esami a distanza avevano evidenziato un qualcosa di piuttosto sospetto. Avevamo nel frattempo deciso che verso fine mese saremmo tornati proprio dai tedeschi per 3 settimane, dove iniziare la terapia antibiotica e sfruttare le terapie complementari che proponevano. Speravamo – in quel modo – di giocarci le nostre (poche? o tante?) chance di uscire a testa alta dal problemone.


Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.


Nel frattempo, due settimane prima di varcare nuovamente i confini nazionali, mio padre è stato ricoverato per alcuni giorni in un ospedale di un capoluogo di provincia lombardo per avere la cosiddetta “seconda opinione”, dopo la prima diagnosi di SLA ad esordio bulbare piombataci addosso a fine agosto 2014 in un ospedale top. In ottobre di quell’anno mio padre stava ancora abbastanza bene, parlava malaccio – è vero – ma era del tutto autosufficiente, aveva le sue fascicolazioni h 24 e iniziava a muoversi con meno disinvoltura.

Le prime ore del ricovero videro una grande attenzione da parte dell’équipe di neurologia, tutti curiosi di visionare gli esami tedeschi di cui mio padre ha voluto accennare, forse alla malcelata ricerca di qualche altra rassicurazione. Il primario dà un’occhiata veloce prima di pronunciare un “qui non c’è niente“, sul quale avrei scommesso i pochi euro che avevo in tasca: sapevo avrebbe detto così. Mentre mio padre è a letto che legge il giornale per tenersi impegnata la mente, mi si avvicinano due neurologi che – con tatto e gentilezza – mi riferiscono che ciò che ha mio padre assomiglia moltissimo ad una SLA nella sua fase di decollo. Olè! L’indomani mandano comunque l’infettivologo, un giovane medico che mi confessa di non riscontrare nulla – in quegli ormai famigerati esami – che possa giustificare il problema. Non mi spaventai: il Primario Giusto (ormai lo chiamo così) e i tedeschi ne sapevano più di chiunque altro e loro una chance concreta ce l’hanno data, quindi una – almeno una – doveva pur esserci e andava tentata. Non riuscivo ad impaurirmi davanti ad un infettivologo che non era in grado di fare una sola considerazione sul Lyme e sulle sue insidiose co-infezioni. Sembravano tutti intenti – di certo in buonafede, lo dico – nel dissuadermi dal viaggio in Germania e nel raccomandarsi di non avere illusioni. Io, che di illusioni non ne avevo nemmeno mezza (sono uno abituato alle sfighe più clamorose) rispondevo sereno che volevamo solo fare il tentativo, legittimato dai pareri dei veri esperti interpellati. Non ciarlatani via web, ma in primis un primario di reparto di ospedale italiano.

Viene così il giorno delle dimissioni e dopo una nuova Risonanza con annessa Elettromiografia e Potenziali Evocati, la diagnosi è ancora la peggiore: “…fascicolazioni, segni di denervazione in tutti i distretti, quadro compatibile con malattia dei motoneuroni“. Mio papà è agitato a leggere nuovamente quel verdetto ed io cerco di calmarlo, spiegando che questa seconda opinione era quanto di più facile da prevedere, ma che non scalfiva di un solo punto percentuale le nostre seppur piccole chance di cavarcela con gli antibiotici. Mentre lui prepara la sua borsa in attesa delle dimissioni, vengo convocato nello studio del Vice-Primario di neurologia, un medico gentile e che aveva voglia di scambiare quattro chiacchiere. Mi invita ad accomodarmi e – forse pensando di avere a che fare con chi ancora non sa bene cosa sia la SLA – inizia a parlarmi prendendo il giro largo: “sai, mio padre ha la stessa malattia del tuo, pensa che gliel’ho diagnosticata proprio io“. Inizia a spiegarmi di cosa si tratta e io interrompo spiegando di esserne consapevolissimo. Ho apprezzato comunque il tono, pacato e solidale, con cui il Vice-Primario mi stava illustrando il quadro. Quando pensavo che il colloquio finisse lì, ecco che il medico riprende il discorso. Fu un qualcosa che non dimenticherò facilmente e sono in grado di ricostruire con una certa precisione il dialogo che ne seguì.

Vice-Primario: sai, da quando siete entrati, tutti abbiamo dato un’occhiata agli esami tedeschi. In questi giorni ho preso informazioni e… penso abbiate fatto bene. In effetti, i casi di Lyme scambiati per SLA esistono. Pensa, mio padre aveva la passione delle camminate nei boschi (la zecca del Lyme è quella tipica dei boschi, ma non solo ndr). Qui in queste zone, la malattia di Lyme è in aumento.
Io: mi fa piacere che riconosca che non siamo del tutto pazzi, sarà piccola quella chance, ma dovremmo forse non giocarcela solo perchè è piccola?
Vice-Primario: assolutamente. Ho anche verificato della reale difficoltà nel diagnosticare la borreliosi, causa esami spesso falsamente negativi. E’ vero.
Io: …sì, pare proprio così, con mio padre abbiamo positive molte co-infezioni, che certificano la puntura di zecca pur mai riscontrata ad occhio nudo, mentre per la Borrelia abbiamo alcuni valori negativi, uno borderline ed uno positivo, oltre all’immunosoppressione certamente in atto, tipica per queste infezioni. In verità ci hanno spiegato che per una borreliosi conclamata serviva qualche positivo in più, ma che viste le premesse (falsi-negativi, immunosoppressione) era giusto nutrire più di un sospetto.
Vice-Primario: a proposito di esami, ehm… mi puoi dare gli estremi per contattare il laboratorio straniero? Vorrei farli a mio padre. Tieniti per te questa mia richiesta.

Il Vice-Primario fu gentilissimo sin dall’ingresso in ospedale, quindi meritava rispetto e gli risposi. Ad un altro, avrei replicato con amara ironia che gli esami poteva farli tranquillamente presso l’infettivologia dell’ospedale stesso. Diagnosticare una borreliosi e separarla da una SLA è semplice, no? (la stoccata è solo per qualche medico che voleva farmi passare per uno scassapalle, solo perchè chiedevo di approfondire la differenziale visti gli esiti sulla borrelia).

Nel prossimo pezzo cercherò di pubblicare gli esiti degli esami stranieri.

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