E’ febbraio 2015, la situazione stava via via precipitando e l’autosufficienza era ormai un ricordo già 13 mesi dopo l’esordio dei sintomi. Anche se con un certo ritardo (cercavamo sempre di rimandare ciò che “ufficializzava” la diagnosi) ci informiamo per richiedere certificazioni ed ausilii e ci spiegano che è necessario un ricovero presso un ospedale con annesso “Centro SLA” in cui la malattia viene confermata e dal quale attivare i vari servizi provinciali. Per questo, per la prima volta nel corso di questa storiaccia, visitiamo l’ospedale del capoluogo della nostra provincia di residenza nel Nord Italia.


Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.

In quel periodo avevamo iniziato da quattro mesi gli antibiotici anti-borrelia&Co. e purtroppo le cose non stavano andando granchè bene. Era una batosta; se gli antibiotici non avessero funzionato ci sarebbe stato di che preoccuparsi. Fino ad allora stavo già pompando di integratori a mani basse (prendeva e prende tutto quanto si ipotizza possa avere una qualche efficacia sui meccanismi propri della SLA), dieta ben studiata e gli antibiotici; erano questi ultimi ad essere la vera àncora di salvezza, rappresentando l’opportunità di risolvere il problema in modo radicale. Combattere questi batteri era un casino, ma pensare di battagliare contro glutammato, acido amminobutirrico basso e recettori bolliti, GABA che non passa la barriera encefalica, mitocondri in panne, superossidodismutasi che strappa e via dicendo, beh era assai peggio.  Ma fino ad allora – con gli antibiotici – ancora niente…

Verso metà febbraio 2015 ci prepariamo quindi per accompagnare mio padre al ricovero di 24 ore nel reparto di Neurologia dell’ospedale della città capoluogo di provincia. Già da alcune settimane non volevo più sentir parlare di infezioni, batteri e microorganismi vari; si andava avanti in silenzio con l’antibiotico e basta. I tempi per vederne un eventuale effetto iniziavano ad essere maturi, ed io me la stavo facendo sotto, ero tremendamente deluso visto che su questa pista ci avevo puntato molto. Non tutto – figuriamoci – ma senz’altro parecchio. Il ricovero non aveva grandi obiettivi se non il completare pratiche e attivare servizi vari a supporto del calvario che andava delineandosi.

Sistemato mio padre nel reparto mi raccomando con mia madre di evitare di menzionare le staminali previste per il mese successivo, per non farci ridere dietro. E soprattutto divieto assoluto di tirar fuori discorsi su infezioni, batteri ed antibiotici: ci avrebbero guardato storto e – visto il risultato – avrebbero anche avuto ragione a prenderci per tre imbecilli, con me al primo posto in classifica. Che avessimo dalla nostra – nel senso che ci diedero almeno una possibilità – il Primario Giusto e la clinica tedesca valeva poco. Ho sempre detestato parlare senza avere risultati, figuriamoci andare a discutere con un neurologo di borreliosi, falsi negativi e co-infezioni, e per giunta dopo 4 mesi di antibiotici (apparentemente) inutili. Tanto valeva presentarmi direttamente indossando il cappello con le orecchie da somaro e sul naso quel coso rosso che mettono i clown.

Non conoscevamo nessun medico in quell’ospedale, non sapevamo chi sarebbe capitato e che tipo potesse essere. Dopo una breve attesa, entra una neurologa e si siede con noi chiedendoci la cartella con il malloppo. Mia mamma la porge e la dottoressa inizia a sfogliare elettromiografie e risonanze. Tra me e me – lo dico senza vergogna, suvvia – già pensavo scocciato: “figuriamoci questa, chiederà se prende il riluzolo e se ne uscirà per bersi un caffè alla macchinetta“. E invece…

Neurologa: e questi esami tedeschi, chi ve li ha suggeriti?

Io fulmino mia mamma con lo sguardo, mandandola mentalmente a quel paese per non aver rimosso dalla documentazione – come le avevo ricordato più e più volte – tutto quanto fosse fuori dall’ordinario. Non che temessi qualcosa, ci mancherebbe, ma detestavo l’idea di dover spiegare una cosa così complessa ad una dottoressa magari incompetente e spocchiosa, pronta a guardarmi come fossi un cretino che si era messo in testa di curare la SLA con due pastiglie di una tetraciclina. Vabbè, bisognava comunque rispondere alla domanda.

Io: visto che nessuno ha indagato sulla Neuroborreliosi che fa parte della diagnosi differenziale della SLA, ho cercato un laboratorio in grado di farlo, salvo poi trovare anche un eccellente ospedale italiano che ha confermato gli esiti tedeschi. Fino ad allora, nessuno si era interessato alla questione.

La neurologa continua a scrutare il foglio con il sopracciglio alzato. Già stavo fantasticando. Riderà? Mi bacchetterà? Scuoterà la testa e passeremo a parlare di riluzolo?

Neurologa: ma di questo Micoplasma, non si è insospettito proprio nessuno?

Impietrito, mi sono rivisto all’esame di terza media in cui portai Ungaretti ed il suo “M’illumino d’immenso“. Ancora una parola e mi sarei alzato a ballare Billie Jean di Michael Jackson (e non sarebbe stato un bello spettacolo). Cioè, vi rendete conto? Prima ancora di parlare di Borrelia, questa tizia col camice e gli occhiali mi chiede se qualcuno si è insospettito del Micoplasma? Preso da brividi, tremiti, sudorazioni e adrenalina come se mi fosse apparso – chessò – almeno l’Arcangelo San Michele, rispondo.

Io: no, nessuno… Neurologa: mi racconti come ha esordito la malattia? Io: esordio bulbare, con difficoltà nel parlare. Prima ci furono 6 mesi di tosse ininterrotti, senza una spiegazione, da giugno a dicembre 2013. Poi a gennaio 10 giorni di febbre e da lì è cominciata la disartria. Neurologa: vedo anche una borreliosi, borderline ma c’è, ed è una infezione che va spesso a braccetto col Micoplasma e con l’Ehrlichia, anch’esso ben evidenziato negli esiti. Io: complimenti, Lei è uno dei pochi medici che non ci hanno riso in faccia o che non hanno fatto spallucce. Neurologa: i complimenti vanno a chi ha deciso di fare questi esami. Avete fatto benissimo! E ora prende antibiotici? Io: sì, da quattro mesi, ma purtroppo… non è che… Neurologa: avanti ancora! Io sono qui da poco, vengo da quattro anni di ricerche su malattie neuromuscolari negli USA (mi fece il nome di uno dei più prestigiosi ospedali del mondo intero. Roba da paura!) . Non possiamo sapere se l’infezione sia di per sè sufficiente o sia un fattore, ma aver fatto questi esami è stata una ottima idea. Io: peccato che ho girato mesi con quei fogli in mano alla ricerca di qualcuno che prescrivesse l’antibiotico, e tutti ci hanno trattato come fossimo pazzi visionari. Il primo antibiotico, mio padre, lo ha visto a novembre 2014 dopo 11 mesi dall’esordio dei sintomi. Neurologa: 11 mesi sono troppi, specie per infezioni tanto complesse. Non sono specialista di malattie infettive a tal punto da potervi dire che fare ora, ma se siete in mano all’esperto italiano e ai tedeschi, posso solo dirvi che è un gran bene. Mi complimento ancora con voi per aver fatto tutto questo da soli. La Borrelia è insidiosissima, ma… anche solo quel Micoplasma non poteva non far venire un sospetto! Io: Pensi che sono riuscito a parlare con un famoso dottore statunitense diagnosticato di SLA, quello che poi si è fatto di ceftriaxone abbomba, ha spedito sangue e urine in California scoprendo una malattia di Lyme da cui è infine guarito completamente. Gli ho parlato ed è stato gentilissimo con me, abbiamo avuto un utile scambio di informazioni. Neurologa: ma chi, D.M.? Quello diagnosticato di SLA anni fa proprio nell’ospedale USA in cui ho fatto ricerca? Io: com’è piccolo il mondo dottoressa, è lui!

E in effetti la bravissima neurologa aveva ragione. Già ti avevo postato la conclusione di uno studio – di quelli pubblicati sulle tanto sbandierate riviste scientifiche – che apriva per lo meno uno spunto di riflessione, magari anche solo per noi profani. Adesso te lo rimetto per rinfrescarti la memoria, aggiungendo anche un altro po’ di carne al fuoco (sempre da studi pubblicati):

  • C’è un forte legame tra l’infezione cronica da Micoplasma e lo sviluppo della SLA. Patogeni intracellulari come il Micoplasma possono avere un ruolo nella genesi delle malattie neurodegenerative.
  • Using PCR methods systemic mycoplasmal infections have been found in a high percentage of ALS patients.
  • The contribution of this study was to show the presence of viable mycoplasmas in the bloodstream of patients with sporadic ALS and the presence of antibodies IgM and IgG against LAMPs of M. fermentans, because some biological activities produced by mycoplasmas could be involved in damage to motor neurons, glial cells and astrocytes in patients infected with these microorganisms.
  • Another chronic infection that is commonly found in ALS patients who live in certain areas is Borrelia burgdorferi, the principal etiologic agent of Lyme disease (LD). For example, ALS patients who live in New York, an LD-intense area, were examined for B. burgdorferi infections, and over one-half were found to be seropositive for Lyme Borrelia compared with 10% of matched controls. In addition, some patients diagnosed with ALS were subsequently diagnosed with neuroborreliosis. A survey of the literature indicates that spirochetal forms have been observed for some time in the CNS tissue of ALS and other neurodegenerative diseases. Thus, a byproduct of LD may be progression to ALS, but this is probably only possible in some LD patients who have the genetic susceptibility genes for the neurodegenerative disease and who have other toxic exposures

La dottoressa si alza, accarezza mio padre per incoraggiarlo e dirgli che siamo sulla strada giusta. E’ lei, di fatto, il primo neurologo a riconoscere apertamente il mio operato e a complimentarsene. Per mio padre fu una iniezione di fiducia non indifferente. Poco fuori dalla porta, mi ribadisce quanto sia allo stesso tempo preoccupata per l’intervento tardivo. Quel che mi interessava era un risultato – che non arrivava più – ma me ne tornai da quel ricovero con la consapevolezza di non aver sbagliato. Sai, è vero che qualche maligno potrebbe mugugnare: “sì, ma era una neurologa di un ospedale capoluogo di provincia, non uno dei 2-3-4 centri top della SLA“. Dal canto mio, potrei ribattere che questa viene da quattro anni passati nell’ospedale dal nome altisonante che si gioca il podio worldwide. Finalmente, quelli dalla mia parte iniziavano ad aumentare di numero, ed il loro curriculum pesava.

Morale della favola? Avanti ancora un po’ con gli antibiotici, e che Dio faccia il resto.

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6 Comments

  1. Posso contattarti ?,anche io o mia mamma con la SLA e mi piacerebbe saperne di più .

    1. Certo. Tieni presente che non sono un medico, posso solo raccontarti la nostra storia e darti un punto di vista personale e non scientifico, ma niente di più. Purtroppo non ho soluzioni miracolose.

  2. È possibile sapere il nome di questa neurologa?

    1. mandami una mail!

      1. Posso sapere il nome di questa neurologa.?

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