Ci pensavo, rendendomi conto dell’apparente assurdità della cosa. Come è possibile che l’anno più “bello”, in relazione alla malattia di mio papà, sia stato il 2020, per una patologia che ha visto l’esordio a gennaio 2014? In teoria, gli anni migliori (o meno peggio, se vogliamo dirla così) dovrebbero essere i primi, non certo il settimo anno di sla bulbare.
E invece sì, il migliore è stato indiscutibilmente il 2020. Durissimi invece i precedenti, fino al 2019. Cosa è successo tra 2019 e 2020, per poter fare una affermazione simile?
Che esasperato per agli anni passati (2016-2018), ero arrivato a un punto di non ritorno. Ogni santa notte, a casa a letto, andavamo a dormire con l’angoscia di cosa sarebbe potuto accadere durante la notte (nonostante pagassimo una persona per presenziare da sera a mattina). Ogni giorno, in ospedale, montavano preoccupazioni e si moltiplicavano le fatiche. Giornate durissime per l’ammalato, interminabili e stremanti per me e mia madre nella veste di caregiver tuttofare.
Parecchie volte mi sono reso conto di quanto fosse rischioso persino andare a pisciare. Sì, scusa la volgarità, ma anche andare alla toilette al piano di sotto poteva comportare un rischio: non è che gli infermieri fossero sempre lì pronti ad intervenire, a un metro dalla stanza di mio padre. E le emergenze in certi periodi erano parecchie, specie nel biennio 2017-2018 con le infezioni tracheali/polmonari che tutti i mesi si rifacevano vive con una puntualità svizzera. I pomeriggi con mio padre (di mattina c’era mia mamma) erano diventati un incubo di aspirazioni continue, cicli di macchina della tosse, allarmi che suonavano e che – per disperazione – venivano silenziati dagli stessi operatori, essendo io sempre presente in camera. Uscivo la sera distrutto, come dopo un turno in catena di montaggio, e con mille preoccupazioni. La sera telefonavamo alla signora pagata per sorvegliare mio padre in ospedale durante le notti, per chiederle il bollettino con gli aggiornamenti in tempo reale dei valori sui monitor. Prima di addormentarmi, un ulteriore scambio di sms per ricevere gli ultimi dati. Andare a letto in quello stato d’ansia non era riposare, credimi. Era un’allerta continua, sfiancante.
Molti problemi di mio padre erano già stati risolti, in verità: cachessia (deperimento inarrestabile non dovuto a questioni per così dire “caloriche”), disfunzione epatica, diabete ed altri ancora. Quello delle infezioni ricorrenti alle vie respiratorie era però un incubo mostruoso, di cui ho già parlato nel blog tempo fa.
Ebbene, agli inizi del 2019 mi rendo conto che andando avanti così qualcuno sarebbe morto: o mio padre, per le complicanze, oppure io per sfinimento e crepacuore. O entrambi. Se hai letto i miei articoli, la storia già la sai: con mesi di dedizione, studio, applicazioni e tentativi succede quel che speravo accadesse anche se non ci non avrei scommesso un centesimo. Le infezioni diminuiscono in severità e frequenza, fino via via a scomparire quasi del tutto. Passiamo da 24 infezioni in 24 mesi, a zero o quasi (non ricordo esattamente, ma siamo lì) in oltre 12 mesi. Fantastico, un trionfo, e se mi conosci sai che non mi lascio andare con facilità agli entusiasmi.
Dalla seconda metà del 2019 e per tutto il 2020, quello sarà il periodo migliore con mio padre, perchè nonostante tutto c’era… serenità. So che può sembrare un ossimoro, se associato al contesto SLA, ma se vuoi sapere le mie sensazioni, beh sono quelle. E’ stato l’anno più sereno in assoluto, a tal punto che l’estate scorsa mi ero persino concesso qualche giornata in piscina, su insistenza di mia madre che – vedendo le condizioni eccellenti di mio papà – si riteneva in grado di poterlo gestire un giorno intero senza la mia presenza.
Ricordo che il medico entrava in stanza giusto per salutarci: non c’era mai granchè da segnalare, passavamo i 5 minuti della visita a chiacchierare del più e del meno. Mio papà mi sorrideva, ci guardavamo le partite e l’assistenza – pur faticosa – era ordinaria amministrazione senza crisi, patemi, allarmi, angosce. Niente di tutto ciò. Eravamo in una condizione tale che avremmo potuto andare avanti serenamente chissà quanto. Era stato trovato l’equilibrio ottimale.
Assistere mio papà è sempre stato un “piacere”. Certo, tra virgolette, perchè è chiaro che nessuno fosse contento di vederlo in un letto, però l’ho fatto e l’abbiamo fatto sempre col sorriso e con la voglia di aiutare. Ma… come il 2020, mai.
Brividi, emozioni…
Che spettacolo, fino a quando ci hanno messo fuori…