Torniamo indietro di un anno, nei primi mesi del 2015, quando eravamo a poco più di metà della cura antibiotica prescritta per le infezioni. In quel periodo mi stavo informando circa l’esame che un medico proponeva: un’analisi di alcune gocce di sangue al microscopio. Tieni presente che camera mia era come l’ufficio acquisti di un brand della grande distribuzione, dopo lunghe selezioni e valutazioni importavo merci (legalmente, non fraintendere) di ogni genere da affiancare a quanto già stavo facendo per mio padre. A casa mia arrivavano tante di quelle scatole che ormai conoscevo i vari autisti dei corrieri per nome, facevano il tifo perchè mio padre rimanesse in vita il più a lungo possibile: rappresentava una garanzia del posto di lavoro. In quel caos, una delle cose che stavano catturando il mio interesse era quel test col microscopio. Documentarsi ex ante fu tanto utile quanto inutile: chi lo definiva eccezionale, chi ne parlava come di una bufala colossale. Ho perso tempo, tra le tante cose da fare ed un bilancio da far quadrare. Finchè mi sono deciso, con l’estate alle porte. Bel colpo di genio: per avere un responso il sangue doveva fare un giro per l’Europa, incappando nel mese di agosto. “Vabbè, amen. E sia!“. E se è una bufala per perditempo? “Nick TheQuick saprà smascherarla“, mi son detto.
Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.
A giugno parte la busta con il sangue di mio padre e per un mese tutto tace. E’ solo a fine luglio 2015 che il dottore che teneva le fila della cosa mi telefona e mi dice: “in quel sangue c’è di tutto“. Scettico, lo ascolto e secondo questo tizio dalle analisi al microscopio era possibile evincere quanto segue:
- presenza di parassiti a forma di spirochete. Cominciamo bene… dopo tutto quell’antibiotico? E’ ancora lì?
- Intossicazione da metalli pesanti. Questa era nuova, anche perchè mio padre non ha mai svolto lavori a rischio.
- Il fegato non metabolizza. Pure!
- Stress ossidativo elevatissimo. “Fermo lì” – gli dico – “carta canta, da alcuni mesi so di per certo che mio padre ha uno stress ossidativo che farebbe invidia ad un vegano buddista“. Lui replica che il suo esame contempla un aspetto diverso: mentre il mio conferma che l’attacco dei radicali liberi è stato ben soffocato, il suo semplicemente fotografa il danno. Praticamente con l’esame che ho fatto a gennaio 2015 sui radicali liberi ho la prova che “ne ho annientata l’aggressione”, mentre con il test del microscopio si vede quali danni siano stati fatti dai ROS prima che io ne fermassi l’attacco. In parole povere: di bombe dal cielo non ne piovevano più, ma la città era comunque già stata rasa al suolo in precedenza. Andòm bén, direbbero dalle mie parti.
- L’intestino non assorbe una mazza, il che ci stava vista la cachessia evidente.
Al telefono fissiamo un incontro dopo le prime due settimane di agosto ’15. Nonostante non mi fidassi ancora ciecamente, il tipo mi era parso sveglio e – credo – in buonafede. In una non troppo calda mattina successiva al ferragosto ci incontriamo nel suo studio e ne esce una chiacchierata di quelle potenti. Capisco che è un altro con cui posso vuotare il sacco (spiegargli tutto ciò che stavo facendo) e ne rimane colpito, sostenendo che sto davvero facendo il meglio per giocarmi la piccola chance che il fato mi consentiva (diagnosi differenziale da un lato, reggere al meglio dall’altro). Iniziamo a parlare di integratori e vede che sono ferrato, mi suggerisce di andarci giù pesante con i probiotici per l’intestino e che in un secondo momento avremmo pensato al fegato (cosa a cui io in realtà ho pensato dal giorno dopo, invece! E con successo. Poi ti dirò…). Uno dei motivi principali per cui andai da lui, erano i metalli pesanti che col suo esame avrebbe individuato in abbondanza. Non sapevo bene come muovermi, ma prima di entrare nel suo studio ricordo che mi fermai a bermi un caffè e a buttar giù uno schema che, in qualche modo, volevo lui mi prescrivesse. E qui si apre una parentesi.
Ricorderai (l’ho nominato anche in questo post) che a inizio 2015 feci fare a mio padre un esame riconosciuto per la misurazione dello stress ossidativo: il risultato fu per me così sorprendentemente positivo – dopo mesi di “protocollo” – che allora, per capirci qualcosa, andai alla ricerca di studi scientifici ufficiali nei quali avessero misurato i ROS dei pazienti SLA, per poter avere un termine di paragone. Lo trovai ed ebbi conferma di aver fatto l’esame corretto, nel modo appropriato e che il risultato che avevo ottenuto era sconvolgente! Bene, che c’entra quello studio con i metalli? Ecco: in quel lavoro scientifico su SLA e ossidazione – che per pura casualità era pure italiano – una parte della ricerca riguardava i metalli pesanti per i quali vi era uno specifico protocollo di chelazione (= rimozione dei metalli dall’organismo). Siccome quello del microscopio mi pareva uno comunque un po’ più alternativo di quanto io potessi tollerare, andai a ripescare quello studio e riportai su un foglietto il protocollo di chelazione che volevo lui prescrivesse. Non volevo saperne di erbe e simili.
Ora ricatapultiamoci nello studio del medico del microscopio, quando iniziamo ad affrontare l’argomento metalli. Lui mi dice: “per appurare e per chelare, esiste un protocollo di un team di ricercatori…” e io lo fermo: “no no, guardi, io ho in mano uno studio recentissimo dove è riportato…“, e lui: “… ricercatori di Milano dei quali conosco un membro responsabile“. Oh cazzo! Stavamo parlando esattamente dello stesso protocollo, dello stesso studio, degli stessi ricercatori! Bingo! E’ lì che voglio andare. Che botta di sedere, no? Io sono felice che lui sia molto meno matto di quello che qualcuno potrebbe pensare, lui è entusiasta di avere davanti un profano tanto ben informato e ci manca poco che andiamo fuori a berci qualcosa da vecchi amici. Mi dice di chiamare il gruppo di ricercatori senza farmi problemi e a suo nome; io chiedo se – secondo lui – con loro posso aprirmi del tutto, o se rischio di essere guardato come un rincoglionito. Mi dice di andare tranquillo: erano quanto di più accademico ci fosse, ma di mentalità aperta. Tra me e me pensavo: “sì, vediamo questi professoroni quando gli dico del Micoplasma, della Borrelia, dell’arginina chetoglutarato e della fosfatidilcolina…“.
L’incontro con il medico finisce qui, rimarremo ancora in contatto e tuttora lo siamo: è un po’ alternativo, è vero, e anche se la storia del microscopio non riesce a convincermi del tutto, ha il merito di avermi messo in contatto con il team di cui ti ho parlato.
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Ciao, come si fa a fare questo test? Sei un grande, davvero. Io sto lottando per far togliere un farmaco a mia madre ed usarne un altro… Non ci arrenderemo.
Mandami una mail che ti spiego, keepfighting2015@gmail.com