Frequenza Cardiaca e SLA – parte prima. Me l’avessero detto prima, non sai quante gatte da pelare mi sarei risparmiato e, parimenti, se le sarebbe risparmiate pure mio papà, poveretto. Non ho ancora conosciuto qualcuno che mi abbia raccontato il contrario, ovvero che un neurologo (o qualsiasi specialista di SLA) abbia dato indicazioni preventive su come interpretare il possibile rialzo della frequenza cardiaca. Tra i tanti spunti che avrei a disposizione, parto con il raccontarti uno di quelli più significativi.

Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.

Vado a memoria… siamo a inizio 2017 quando mio padre comincia a manifestare battiti del cuore un po’ troppo elevati. Il fenomeno diviene frequente e persistente, a tal punto che gli allarmi dei macchinari scattavano e finivano per suonare delle ore intere, riecheggiando tra i corridoi dell’ospedale.

Ricordo una volta in cui un’infermiera – sapendo che c’ero io in stanza (ogni santo giorno, tutto il giorno) – è venuta e ha risolto… silenziando l’allarme! Sì, era un periodo che quei maledetti battiti si alzavano sempre. Mio papà riferiva di non sentirsi granchè, io stesso lo vedevo tutt’altro che bene e abbiamo passato mesi di preoccupazioni continue e sofferenze.

Medici ed infermieri hanno formulato una miriade di ipotesi, ora ne elenco solo alcune, quelle più gettonate (secondo loro). Sono certo che diversi miei lettori si siano imbattuti in prima persona nella seconda e terza, visto che me lo hanno testimoniato:

  • gli integratori, chiamati in causa di fronte a qualunque gatta da pelare; fosse anche una frattura di un braccio cadendo dal letto, sarebbero i primi sospettati
  • problemi cardiaci
  • stato di agitazione / crisi d’ansia

E’ chiaro che mio padre non poteva autodiagnosticarsi complicanze cardiache, ma era almeno in grado di dirmi se fosse agitato. E la risposta è che no, non lo era. I medici hanno suggerito di procedere comunque con gocce di “tranquillante”, almeno durante i picchi di frequenza cardiaca.

Risultato? Lo zero più assoluto, pertanto si è passati ai betabloccanti (farmaci ad hoc per disfunzioni cardiache). Risultato? Un altro zero bello tondo. Ah, avevo temporaneamente sospeso qualunque tipo di integrazione nutraceutica. Risultato? Dai, secondo te? 😀 Zeru tituli!

A me un sospetto era venuto, ma ero molto timido nel dire la mia. Non solo per paura di tirar fuori un qualcosa che magari si rivelasse una cazzata, avevo anche timore di passare agli occhi dei medici come il saputello di turno o uno scassaballe. Siamo nei primi mesi del 2017: avevo già una certa esperienza in veste di caregiver (mio papà si ammala a gennaio 2014) ma ancora nulla in confronto a quella che avrei maturato da lì in avanti, specie sull’aspetto specifico di cui stiamo parlando.

Frequenza cardiaca e SLA – qual era il mio sospetto?

Nonostante la saturazione fosse perfetta (all’epoca mio papà era ventilato con tracheostomia), una serie di piccoli indizi mi portavano verso un qualche genere di guaio respiratorio. Non sapevo quale – ero più giovane e meno esperto – ma, unendo alcuni puntini, credevo che ansia o deficit cardiaci non c’entrassero una beata mazza. Oh, cosa vuoi che ti dica? Per me era soltanto uno che faticava a respirare. “Impossibile“, ribattevano: “la saturazione è 99, solo perchè il display del marchingegno supporta due caratteri, altrimenti sarebbe pure 100“. Il che è pur vero, per carità, eppure ogni giorno che passava, secondo il mio fiuto era quella l’ipotesi più accreditata.

SLA e battiti alti – E la saturazione?

Certo che andare da un medico e tirarlo per la giacca con la convinzione che tuo padre respiri male, quando di saturazione fa 99 fisso (e solo perchè il display aveva 2 cifre!), rischia di farti passare per il solito cagacazzi che si improvvisa pneumologo anzichè darsi all’ippica senza rompere i marrons-glacés ai professionisti della salute. Eppure, io che su mio padre ho “operato” più di tutti gli infermieri messi insieme (non è una battuta nè un’accusa, è un’ovvietà), pur mancando ancora di quelle esperienze che avrei macinato negli anni a venire, mi convincevo che l’origine di tutto stesse lì: nella respirazione. Uno dei primi input mi venne dal fatto che – quando aspiravo in trachea – “non tiravo più su niente”. Sì, era come se le secrezioni che da un anno aspiravo copiosamente ogni giorno fossero scomparse. Una sorta di miracolo: sparite davvero, evaporate! Cioè, a prima vista, uno potrebbe esserne anche contento e pensare: “toh, un grattacapo in meno, una volta tanto“. E invece per me non era un bel segno: c’erano state per tutto l’anno precedente, dove diavolo potevano essere finite? Usare il sondino tracheale con l’aspiratore, era diventato come mettere un’idrovora nel deserto di Atacama (Cile, il più arido al mondo) quando fino a poco prima vi era un lago profondissimo. Che cavolo stava succedendo?

Gli infermieri erano i più entusiasti. Deserto di Atacama, per loro, significava non dover aspirare (di notte quando ero a casa a dormire, visto che di giorno ci pensavo sempre io) ed era un bel sollievo. Inoltre, con la saturazione che sfiorava i 100 di “tachimetro”, la respirazione era (sempre per loro), inattaccabile. I battiti alti certo non venivano da lì, mi rassicurarono alcuni specialisti che interpellai: “è la SLA con il sistema simpatico e parasimpatico alterato“, poi il deficit cardiaco e – la più votata – lo stato d’ansia. “Bisogna lasciarlo tranquillo, così non si agita“.

A parte che lui stava da culo – perdona la schiettezza – ma ci agitavamo io e mia madre che la sera andavamo a letto con il groppo in gola, il terrore che quel cuore “matto da legare” potesse saltare per aria da un momento all’altro.

Frequenza cardiaca e SLA – battiti alti – “Alla ricerca delle secrezione perdute”

Mi sentivo molto Indiana Jones, mio idolo da bambino, poiché stavo cercando qualcosa che ero certo esistesse, chissà dove, e in cui nessuno credeva più. Lui schioccava la frusta in caverne e sotterranei di palazzi reali, io girovagavo per i corridoi nosocomiali brandendo nell’aria il sondino. Per me quelle secrezioni ci dovevano pur essere ed era d’obbligo indagare. Visto che qualche infermiere aveva regolato al minimo l’umidificatore del ventilatore (aggeggio che viene fornito quando sei sottoposto a ventilazione meccanica), iniziai a pensare che fosse l’ora di riportarlo al livello di sempre. Lo avevano abbassato qualche mese prima, sostenendo che “umidificare fa aumentare le secrezioni“. Che non è sempre poi un male, aggiungerei io, ma a quel tempo non si poteva nemmeno pronunciare una frase simile. L’umidificatore in ospedale fu visto inizialmente come un oggetto misterioso, anzi peggio: un ordigno inesploso pronto a sprigionare la sua forza d’urto quando meno te l’aspetti. Una sorta di bomba ad orologeria, di cui non è visibile il timer. Veniva guardato con diffidenza, gli si avvicinavano con passo felpato e lo maneggiavano timorosi, quasi che anzichè acqua demineralizzata contenesse nitroglicerina.

Dunque, ragioniamo. Mesi prima depotenziano l’umidificatore del ventilatore e ultimamente, quando aspiro, c’è il deserto cileno mentre, per oltre un anno, secrezioni e saliva come se piovesse. Vuoi mai che…? Che aver messo al minimo l’umidificazione dell’aria abbia in qualche modo seccato secrezioni che sono ferme da qualche parte laggiù, causando una difficoltà respiratoria? Lo pensavo solo io, ne ero consapevole. E poi, come spiegare la saturazione perfetta in uno che – secondo la mia teoria – invece respirava male? Beh, e se fosse che per mantenere quell’ottima saturazione, il cuore si trovasse a dover “forzare”? Verosimile? Respira male, saturazione perfetta ma mantenuta al prezzo di uno sforzo cardiaco più elevato. Per me ci stava.

In questa storia potresti pensare che me la stavo prendendo con il personale dell’ospedale in cui era ricoverato mio papà, ma non è così. Era la prima SLA con cui avevano a che fare, il primo ventilatore, il primo umidificatore, ed era ovvio non potessero avere l’occhio su mio padre. Mi fa molto più incavolare che gli specialisti non ci avessero mai dato una dritta sui battiti, che oggi posso assicurarti essere una questione molto importante per una famiglia in cui c’è la SLA. A quel punto mi serviva quindi un alleato, un qualcuno che facesse il medico specialista e suggerisse tale prospettiva. “Vado dal primario di pneumologia e gli dico che le secrezioni sono scomparse. Figurati, quello capisce al volo, è proprio il suo pane quotidiano e dirà loro di riattaccare quel dannato umidificatore!“. Mi armo di pazienza, perchè mentre ero alla ricerca delle secrezione perdute, ho dovuto mettermi alla ricerca pure del primario perduto. Mi reco nell’ospedale del capoluogo di provincia (40 km da casa mia) quando mi dicono doveva esserci. Non c’era. Prima era di sopra quando io ero giù, poi era giù dopo che mi hanno mandato di sopra. Era in neurologia mentre io in pneumologia, in pneumologia quando io varcavo l’ingresso della gastroenterologia. Stavo per entrare in psichiatria, non per cercare lui ma per farmi ricoverare io. Niente, molla tutto e se ne parla la settimana dopo. Ritenta e sarai più fortunato.

Nel frattempo passano altri dieci giorni d’inferno: mio padre rosso come un peperone in faccia, battiti alle stelle, allarmi e preoccupazioni visto che betabloccanti e goccine per l’ansia stavano producendo il solito zero nella casella dei risultati.

Un giovedì mi riferiscono che il primario di pneumologia è in visita in un altro ospedale vicino a me. Corro, finchè lo vedo uscire da un ambulatorio, gli salto addosso e lo atterro con una mossa di wrestling. Mi presento, si ricorda di me e mio padre e gli pongo la fatidica questione. Risposta: “Non ci sono secrezioni? Benissimo! Ottima notizia, vuol dire che respira a meraviglia“. Le mie certezze vennero così disintegrate ma l’istinto mi persuadeva che fosse lui a non averci capito nulla, aveva dato la tipica risposta (in buonafede) di quello che un malato di SLA lo ha aspirato forse una volta in vita sua, senza seguirlo giorno per giorno per anni. Ebbene sì, nonostante il primario pneumologo avesse bocciato senza appello la mia idea, essa aveva preso in me più forza che mai. La questione era semmai come convincere il personale dell’ospedale in cui era ricoverato mio padre! Se il primario pneumologo mi avesse offerto una sponda, era fatta. Ma non è andata così.

Un’amica mi racconta di aver vissuto qualcosa di analogo con la madre malata di SLA, fin quando un pneumologo ci ha visto giusto. Mi offre il contatto del medico, lo chiamo e gli spiego la mia teoria sull’umidificazione e – incredibilmente – questo mi consiglia di provare a mettere al massimo l’umidificatore. “Fermo lì, dottore, adesso Le faccio telefonare dall’ospedale, Lei lo dica a loro e siamo a posto!“.

Frequenza cardiaca e SLA – Come è andata?

Alzano l’umidificatore malvolentieri e con il timore possa esplodere generando uno tsunami, pigiano i tasti del display restando a distanza grazie all’aiuto di un bastone con cui girare la manovella della temperatura, praticamente. Passano le prime 24 ore e… risultati? Nisba. Battiti alti, secrezioni quasi nulle. Forse ne era comparsa una mezza, ma non so dirti se fosse più un effetto placebo mio che altro. Metto insieme tutta una serie di ulteriori dettagli che non ti sto a raccontare per brevità e – sempre e solo secondo me – siamo sulla strada giusta, ma manca ancora un pezzo decisivo. Mio papà poteva avere una polmonite, o qualcosa di simile. Ne parlo con il medico, gentile e disponibile, ma vede che non c’è febbre, la saturazione è 99,9 periodico… che diavolo puoi dirgli?

Trascorrono altri giorni di continui sacrifici e sofferenze: mio papà non sta bene, il cuore va a mille e a vederlo così abbiamo paura che possa “saltare”. L’umidificatore è in funzione a piena potenza, ma nulla cambia. Non sapevo più cosa fare, ma desideravo più che mai approfondire la questione polmonite (che a dire la verità ero l’unico a vedere, purtroppo). All’improvviso il genio!

Una mattina prendo il medico, facciamo la consueta chiacchierata sulle condizioni del mio povero papà, e testualmente (lo ricordo come fosse ieri), dico:

Dottore, ho parlato con il Centro Nhewhemmoh (simulavo un colpo di tosse mentre pronunciavo il nome del centro), mi hanno passato il neurologo-pneumologo-endocrinologo dott. Ashwluettaha (simulavo un ulteriore colpo di tosse camuffando così il nome dell’esperto) e mi ha suggerito caldamente una radiografia ai polmoni perchè potrebbe trattarsi di polmonite a… a… api… apire… apiretica? Può essere? Polmonite apiretica o qualcosa del genere, mi ha detto. Naturalmente sapevo benissimo cosa significasse apiretica, anche perchè non avevo mai parlato con alcun centro Nhewhemmoh (tosse!), ma l’idea era di fingere di non sapere cosa stessi dicendo, in quanto – ufficialmente – mi stavo limitando a riportare il parere di uno dei massimi esperti mondiali di SLA, il dott. Ashwluettaha del centro Nhewhemmoh (quando nomino il centro ed il medico mi viene sempre un attacco di tosse, eh oh!).

Non sto scherzando. Ho fatto così davvero, te lo assicuro. Ero disperato, non ne potevo più e dovevo risolvere il problema, costi quel che costi. Era l’unico modo per sollecitare il medico, dando la “colpa” ad uno specialista inesistente. Avevo anche messo in conto che potesse rispondermi: “Bene, dammi il numero che lo chiamo così ci confrontiamo“. Era già pronto un mio amico a rispondere ad un cellulare, mettendo su Whatsapp una foto profilo di lui con un camice bianco (da salumiere), e a parlare sotto dettatura 😀 Per fortuna non è servito!

Com’è finita?

Radiografia, da cui si evince polmonite apiretica. Si mantiene umidificazione importante, somministrano il primo antibiotico e dopo qualche giorno riappaiono le secrezioni, i battiti scendono perchè – pur a parità di saturazione – la fatica respiratoria decresce via via. Addio betabloccanti e inutili gocce per l’ansia.

Era soltanto la prima polmonite.

Ho voluto raccontarti questo macro-episodio per stimolare una serie di riflessioni e ragionamenti su frequenza cardiaca e SLA, lì tengo per il post successivo (eccolo). In questo articolo di oggi non sto sostenendo che quando un malato di SLA presenta una alterazione al rialzo della frequenza sia sempre per un problema di umidificazione o di polmonite, sia chiaro. Si tratta semplicemente dello spunto da cui partire per considerazioni più generali. Se sei interessato, ti do appuntamento al prossimo post.

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Concludo con un sentito ringraziamento al dott. Ashwluettaha (tosse) del centro Nhewhemmoh (altra tosse!) che ha capito subito, interrompendo sofferenze e tribolazioni quotidiane durate ben oltre un mese.

Approfondisci con la seconda parte di questo argomento, qui.

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