Come quasi tutti i miei lettori, anch’io frequento quegli spazi virtuali dove malati e familiari parlano di SLA condividendone gioie (poche e piccole) e dolori (molti e pesanti).
Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.
Un tema ricorrente, da quando nel 2015 ho fatto ingresso nel mondo social, è la critica alla medicina e alla ricerca. Un giudizio spesso feroce, impietoso e – lasciamelo dire – non sempre ponderato. Ci sta. Chi vive un dramma del genere ha il diritto di sbroccare e maledire il mondo intero, senza voler sentire ragioni. Se segui il mio blog, però, sai che cerco di mantenere un atteggiamento equilibrato e lucido. O almeno ci provo. Non credo, infatti, che in un mio scritto tu abbia mai incontrato strali, complottismi e macchinazioni contro la ricerca scientifica, nè verso i medici. Pur comprendendo chi si sfoga in tal senso, preferisco indirizzarmi su un’altra linea. Ritengo cioè che i medici e la ricerca siano straordinari, i nostri migliori alleati, fatta eccezione per quello studio finito male o per quel dottore antipatico e non granché scrupoloso. L’eccezione c’è sempre, in ogni ambito, ma generalizzare è ingiusto.
Allora – dirai – “la medicina e la ricerca non sono nemmeno criticabili?“. Certo che lo sono, come tutto del resto lo è. Ritengo però che le osservazioni debbano essere pacate, obiettive e quanto più costruttive possibile. Ed è ciò che proverò a fare ora.
Mio padre è ammalato dal 2014, di una SLA ad esordio bulbare particolarmente imbufalita: ne abbiamo passate di tutti i colori. Ho visto qualunque complicazione possibile, anche quelle rarissime (ricordi la storia della lingua?) e, di conseguenza, questi anni sono trascorsi fianco a fianco con operatori sanitari, medici e specialisti. Ciò mi ha consentito di osservare direttamente sul campo quelli che sono anche i limiti, in senso generale e mai personale, insiti nel mondo medico-scientifico. Non ho pretesa di verità, sia chiaro: il mio rimane un punto di vista.
Standardizzazione
E’ ovvio che un medico debba basarsi su nozioni ed esperienze comuni con altri pazienti, ma non deve mai dimenticare che esiste una variabilità soggettiva notevole, specie in una patologia dalle mille piccole e grandi complicazioni come la SLA. Ragionare in modo “quadrato”, con difficoltà e smarrimento non appena si esce dal proprio orticello sicuro, può essere penalizzante per il malato e – soprattutto – privarlo di eventuali opportunità terapeutiche. Serve flessibilità, apertura mentale e… lo so, lo so: più tempo e più motivazione. Non ho mai avuto remore ad ammettere che il problema della lingua di mio padre – cito quello come uno dei più clamorosi – se io fossi stato un dottore e il malcapitato non fosse stato mio padre, beh probabilmente non l’avrei risolto. Lo ammetto. La motivazione può fare la differenza.
La medicina è troppo farmaco-centrica
No, non ti parlerò di terapie alternative o di mental-mood che cura tutti i mali. Non sono il tipo, se mi leggi da un po’ lo sai. Chi osserva che la medicina è sempre più legata al concetto di farmaco, però, non ha tutti i torti. Non è infatti questione di complotti, secondo me, ma di forma mentis figlia di un sistema di ricerca in mano fondamentalmente privata. La cosa mi pare palese. Non c’è sempre malafede, anzi, penso che in gran parte dei casi vi sia assoluta buonafede: si prescrivono farmaci perchè si è abituati così, a vedere il medicinale come l’unica delle possibili soluzioni. Il farmaco è una comoda routine, spesso anche per il paziente, tra l’altro. Nella mia modesta esperienza ho invece potuto constatare come i farmaci non vadano sempre alla radice del problema o – altre volte – siano del tutto inutili. Eppure per il dottore rimangono la prima via (e non di rado l’unica). Ah, non capire male: non sono contro i farmaci. Li benedico. Pensa se non ci fossero, quante grane non sapremmo affrontare! Ma perchè prescriverli quando inutili o quando si potrebbe individuare di meglio? Hai i battiti alti? Sei agitato: pastiglia! Hai il fegato malconcio? Spiacente, non ci sono farmaci, non si può fare niente! Diabete? Pastiglia! Sei triste? Gocce! Tanto lo studio della Emory University su SLA e medicine per l’umore che non contano una beata mazza, chi cazzo vuoi che lo legga? Il medico non l’ha letto e non sa manco dove trovarlo, il paziente su questi temi è farmaco-centrico più del dottore e crede di mitigare i dispiaceri con le gocce, i familiari idem ed ecco che le goccine sono una figata per tutti: il curante fa il compitino e chi gli sta di fronte è lieto per l’illusione della “messa a punto di una terapia per l’umore”.
Scarsa formazione per la ricerca e lettura degli studi
Non è possibile che io – un cretino laureato in Economia che si fa chiamare Nick The Quick – abbia risolto problemi definiti come “insormontabili” da qualunque specialista della terra: fegato, macroglossia oppure anche la rogna di occhi perennemente arrossati e socchiusi (sembra roba da niente, ma nella SLA è frequente ed è un bella rottura di palle). E di guai seri risolti dal cretino ne potrei tirar fuori qualcun’altro. Il medico deve essere formato, fin da quando è sui banchi di scuola, a saper cercare con disinvoltura tra le pubblicazioni scientifiche. Non posso vedere medici che digitano in italiano su Google, suvvia. Ah, ancor più importante: una volta che sai come e dove cercare, serve un corso approfondito su come “assemblare”. Sì, perchè la pappa pronta non c’è quasi mai e io – fidati – ti dico che il medico generalmente ha bisogno della pappa pronta, ma il mondo delle pubblicazioni (e delle soluzioni) non funziona così. Devi essere in grado di assemblare più studi, prendere quel che uno ha di buono e completarlo con ciò che hai letto in altre dieci sperimentazioni, finendo per costruire una strada basata sull’aver tagliato e ricucito insieme più pubblicazioni. Amplia gli orizzonti, abituati a ragionare, a comporre, scomporre e rimontare!
Forse dopo aver letto le mie osservazioni penserai che ho chiacchierato del nulla, mentre qui l’unico problema è che servono soldi per la ricerca e la volontà di sconfiggere la malattia. Io non sono di questo avviso. O meglio: di fondi per la ricerca ne servono eccome, per carità, ma credo sia non meno importante riflettere sui concetti di cui sopra. Avere medici in grado di consultare (e assemblare) studi con disinvoltura, aperti mentalmente e non sempre terrorizzati dalla curcuma fino al ridicolo e al contempo di manica larga nel prescrivere SSRI o neurolettici inutili, beh è fondamentale. Si interverrebbe a monte per migliorare la ricerca e così pure la gestione di un paziente tanto complesso.
Fegato, macroglossia, occhi arrossati, diabete e ora polmoniti: non sono miracoli nè colpi di fortuna. Per capirlo basta leggere gli studi, saperli assemblare, essere curiosi, uscire dal proprio orticello e rompere – dove è razionale farlo – lo schema standardizzato “o farmaco, o non c’è soluzione”.
Con questo è tutto, spero di aver espresso nient’altro che osservazioni costruttive, nel rispetto di tutti e tenendo a mente che si tratta di opinioni personali, di un profano. Da valutare, insomma.
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Ciao Nick….di me forse ti ricordi. Come spesso accade mi ritrovo a sottoscrivere quello che dici .. specialmente sulla scarsa formazione di molti medici in ambito di ricerca e statistica ( no figurati, le statistiche le sanno a memoria, ma se provi a vedere se ci hanno capito qualcosa ti senti male ..). Il problema è non mettersi in discussione… è un problema in ogni ambito.
E’ un problema generale, per questo ho cercato di fare una critica costruttiva e pacata. I medici sono alleati preziosi ma anch’essi – come tutto – possono talvolta fare di meglio. Non c’è soluzione a tutto, come dicevo, ma ad esempio saper utilizzare le pubblicazioni è un’arma potentissima. Non miracolosa, ma potente.
Pero’ di pubblicazioni ce ne sono tante in giro, ci vuole tempo per uno studio esaustivo. Il medico tra l’altro ha casi molto diversi tra loro, anche uno specializzato. Ogni malato di SLA e’ diverso nel tipo d’esordio, eta’, altre patologie… Geni coinvolti ed eventualmente riconosciuti… E questa malattia puo’ progredire piu’ velocemente della nostra capacita’ di intervento… Poi c’e’ il problema che uno specialista di malattie neutodegenerative tende a trascurare altri danni, che magari non mettono a rischio la vita, ma danno molto disagio. A mio padre venne ua sorta di fungo in bocca, ma nessuno se ne curava… Nessun medico andava a visitare in quella zona, e gli infermieri non si ponevano neanche il problema di lavargli i denti… Ma si proponevano di fargli la barba! Se l’e’ portato per due mesi, il fungo, e credo abbia contribuito al suo rifiuto del cibo…
Ogni volta che commento da errore perche’ non appare il campo Nome, Devo sempre rimandarlo una seconda volta.
Sì, quello che voglio dire è che penso ci siano molte situazioni, per un paziente SLA, le quali magari per il medico non destano grosse preoccupazioni, ma per il malato e la famiglia rappresentano problemi. E’ vero che molte volte la soluzione non c’è, ma talvolta c’è. O meglio: va cercata e costruita. Altrimenti mio papà, oggi, ad esempio sarebbe senza lingua (e puoi immaginare il disastro e la tortura psicofisica…). O farebbe tuttora una polmonite dietro l’altra e – credimi – è una tragedia.
PS: controllerò per i commenti, thanks!
Purtroppo quando i medici si trovano di fronte una patologia come la Sla o la SM che provocano segni strani si pensa subito al gene difettoso.
Purtroppo questo è un ragionamento sbagliato perché prima di dare la colpa ai geni,che sono un problema non risolvibile a breve, si dovrebbero considerare altri fattori causali come i microbi,virus,muffe e vermi intestinali,ecc.
Se dicessi che la Shigella è la causa della SM e pure della Sla ,cosa penseresti?
Questo batterio produce tossine nervose ed è stata trovata nel cervello e nella colonna vertebrale di pazienti con SM che sono poi guariti una volta eliminato i batterio.
Gli studi su pubmed sicuramente non ne troverai per motivi che non ti elenco.
Detto ciò, quando si tratta di risolvere un problema, o ti dai una mossa o ti accontenti di quello che ti passa il convento, il solito palliativo e pure a caro prezzo.