Caro amico lettore del mio blog, la malattia di mio padre ha comportano pressochè qualunque dei problemi possibili: partenza col botto da esordio bulbare, artrite settica che per poco ci rimane secco, infezioni sistemiche da diagnosi differenziale, metalli pesanti quasi fosse una miniera, emoglobina calante con necessità di trasfusioni, fegato in necrosi e forse dimentico qualcosa. Insomma un coacervo di sfighe da mettere KO un elefante indiano. Una delle peggio sfortune che possono capitare ad un ammalato già così martoriato è la cachessia: una rogna da lasciarci le penne. Si tratta di una delle (tante) sfide della medicina moderna: la cachessia è una complicanza che uccide. Cerco di spiegarti che cos’è, sulla base di quanto ho appreso informandomi e consultando medici esperti che mi hanno dato una mano. Ogni cosa che scrivo è stata sempre ragionata con specialisti di SLA e di nutrizione. Il fai-da-te può portare casini a non finire.
Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.
Mio padre, come del resto un po’ tutti quelli che ne condividono la diagnosi, con la disfagia in peggioramento ha iniziato a perdere peso. Se è vero che da un lato lo avevo messo a dieta (o meglio: a seguire un regime alimentare diverso dal solito), è altresì vero che la perdita di peso era ben superiore alle attese. Quando ad agosto 2015 è stata posizionata la PEG, mi tranquillizzavano sul fatto che con un migliore apporto calorico una parte del peso si sarebbe via via recuperata. Spesso succede così, ma – e te pareva! – non era questo il nostro caso. Passano i mesi, le calorie sono adeguate, eppure… nisba. Non solo non recupera un etto, anzi continua a perdere kili a rotta di collo fino a ridursi ad essere uno scheletro. Quando lo cambiavamo e avevo il dispiacere di vederlo nudo, mi capitava di piangere di nascosto immaginando le sue sofferenze e – soprattutto – ben sapendo che la cachessia se lo sarebbe consumato fino a farlo fuori. A primavera 2016, con la PEG ormai lì da un tempo più che sufficiente per sortire gli effetti sperati, dicevo a chi mi era intorno: “se non mi invento qualcosa, fra una manciata di mesi facciamo il funerale“. Tra l’altro contrastare la cachessia non è che sia gioco facile: riuscirci è quasi del tutto un miracolo. Non mi sono perso d’animo: del resto se gli ho abbassato lo stress ossidativo al di sotto dei livelli di un sano e se gli ho rimesso in piedi un fegato tramortito, perchè darsi limiti? Certo, a sto giro ero moooolto più preoccupato, lo ammetto.
Cos’è la cachessia? E’ un deperimento inesorabile ed inarrestabile dovuto ad un metabolismo che svalvola, che brucia calorie come una fornace e le utilizza pure nel modo sbagliato. Il tuo organismo si consuma da sè fino a collassare. Se la denutrizione la risolvi con il giusto apporto di nutrienti, la cachessia non la freghi aumentando le calorie: ok, così puoi tamponarla un filo, ma l’orizzonte rimane di quelli neri. Allora che faccio? Cerco tutto quanto noto sul tema in ambito scientifico e capisco che è un “side-effect” delle malattie coi controcazzi (neurodegenerative aggressive, tumoracci, ecc.): l’infiammazione, i radicali liberi, interleuchine e citochine pro-infiammatorie autoprodotte come se piovesse, Tumor Necrosis Factor e quant’altro contribuiscono a farti sbiellare. Quindi ho pensato bene di andare a cercare – sempre facendomi aiutare da medici – tutto ciò che potesse dare una mano non tanto direttamente sulla cachessia (una cosa del genere la medicina la cerca da un pezzo e ancora non l’ha trovata), ma su quelli che sono i meccanismi sottostanti: “scomponiamo il problema e agiamo su ogni punto possibile”, pensavo. E allora via a caricare mio padre di qualunque cosa sfiammasse, aiutasse a digerire, sostenesse il sistema immunitario, riducesse il TNF, contrastasse le citochine e le interleuchine cattive, ecc.. Ne ho fatte di ogni, da impazzire. Da diventare scemo. Sapevo di avere i mesi contati, letteralmente: bastava guardarlo in faccia.
Oh, che devo dirti? Ha funzionato. Non è guarito dalla SLA, nè ora ha il fisico di un body-builder e nemmeno posso pronosticare fino a quando saremo qui a combattere. Credo solo che se non avessi fatto nulla, la battaglia sarebbe già terminata. Cosa mi fa dire una cosa simile? Le foto: parlano da sole. Guardalo in faccia in primavera 2016, riguardalo in estate, ed ancora oggi. E’ lampante. La piaga del quarto stadio (il peggiore) sull’osso sacro è del tutto scomparsa: mi dicono essere qualcosa ai limiti dell’impossibile (nelle sue condizioni). L’elettroforesi delle proteine è migliorata, così come l’albumina: valori che – in un malato del genere – quando peggiorano, è facile che peggiorino e basta. Ben che vada non scendono ulteriormente, e puoi già ringraziare guardando verso l’alto.
Come ho fatto? Tolta l’ipotesi del miracolo divino (che magari c’è stato e ne ha tutti i meriti), evidentemente la combinazione di mille sostanze ha fatto la differenza. Io le scrivo, saranno poi medici e scienziati a confermare se possono aver avuto un ruolo. Vediamone alcune:
- cicli di prebiotici e poi probiotici somministrati col badile. Se l’intestino non è a posto, non ci sono santi che tengano;
- enzimi digestivi durante la nutrizione;
- antiossidanti abbbomba. Tanti ma non troppi;
- soppressori noti del TNF, tutti naturali ma dimostrati in studi scientifici;
- antinfiammatori e soppressori di citochine ed interleuchine pro-infiammazione, sempre sostanze naturali recensite in studi ufficiali;
- integrazione proteica con latte di soia non zuccherato;
- centrifugati di verdure note per proprietà antinfiammatorie;
- metilcobalamina a dosi da cavallo;
- vitamina D a cucchiaiate (sempre sotto controllo medico! O ti fotti i reni);
Roba che ci vuole uno stipendio solo per questo, lo so. Ma ne è valsa la pena. Non sarà il miracolo che tutti desideriamo, nè è un qualcosa che mi porta alcun genere di illusione. Ho ben chiaro che corriamo sempre sul cornicione, ma so anche che – diversamente – da quel cornicione saremmo forse già caduti da almeno due stagioni. Mi accontento, e persisto.
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