E’ lunedì 1 ottobre 2018. Tre giorni prima, in quel venerdì insonne dell’episodio 4, avevo avuto una illuminazione a furia di consultare morbosamente ricerche scientifiche, focalizzandomi sulla macroglossia e accantonando il discorso SLA che temevo – a quel punto – potesse fuorviarmi e precludermi delle strade.


Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.


In quella stessa sera tra venerdì e sabato avevo pure acquistato su Internet due aggeggi che mi sarebbero serviti per tentare l’impossibile: ne ero venuto a conoscenza leggendo lo studio statunitense. Sarà stata l’una di notte, quando ho pensato che tergiversare fosse controproducente. Li ho ordinati e via, volevo essere pronto per lunedì quando avrei parlato con la dottoressa che segue mio padre, spiegandole la pubblicazione scientifica scovata all’inizio del weekend.

Stampo la pubblicazione in inglese e la traduco in italiano, con immagini e spiegazioni dettagliate. Dovevo persuadere il medico ad effettuare il tentativo, così ho preparato il mio impianto accusatorio contro l’edema. Se la lingua fosse stata gonfia per quello, le chance di evitare la glossectomia o la rimozione dei denti aumentavano non di poco. Solo tentando col mio metodo avremmo avuto una risposta, pur senza illusioni viste le incognite gigantesche.

Torniamo al lunedì mattina. Mi reco in ospedale con angoscia: per come era andato il weekend – quanto a dimensioni della lingua – temevo cosa avrei trovato entrando nella stanza di mio padre; poi c’era l’ansia del colloquio col medico. Vero che si tratta della dottoressa che ci segue e con cui ormai ci diamo del tu, vero che è bravissima e ci vuole bene, ma non potevo sapere come avrebbe giudicato la mia folgorazione del friday night: genialata o stronzata? Prima di cercarla tra i corridoi del reparto corro da mio padre. Un cazzotto nello stomaco: lingua mostruosa, sangue, aspetto da alieno in un film di fantascienza, occhi disperati di uno sotto torture medievali. Un disastro.

Lo saluto e provo a rassicurarlo, poi esco e mi dirigo verso lo studio del medico che mi accoglie con disponibilità e amicizia. E’ preoccupata: la lingua peggiorava, le infezioni erano dietro l’angolo e gli specialisti da lei interpellati quella stessa mattina erano rimasti increduli, senza avere nulla da proporre (se non la glossectomia). Anch’io non avevo notizie migliori: i ricercatori stranieri da me contattati che si erano occupati di macroglossia e SLA, in quelle due sole pubblicazioni esistenti di cui ti ho parlato, non avevano consigli. Ci guardiamo in faccia, deglutisco, prendo coraggio e pronuncio la peggior frase possibile per un medico.

“Ho trovato una cosa su Internet…”

L’esordio è terribile, se non sei in confidenza rischi di essere defenestrato 😀 Per fortuna sapevo di avere un po’ di credito da spendermi e non ho temuto di essere interrotto prima di finire. Alla dottoressa ho chiarito quanto segue.

  1. Ciò che avevo da dirle veniva sì da Internet, ma non dal blog di qualche santone sparacazzate: pubblicazione scientifica sulla macroglossia, anno 2017, a cura di importante università statunitense;
  2. spiego che lì hanno una donna con lingua ingrossata a seguito di angioedema da deficit di C1 inibitore;
  3. specifico che il motivo del colloquio non era suggerire una possibile causa (poi testammo il C1, per sicurezza, ma non era quello), bensì un potenziale trattamento risolutivo non chirurgico. Quale? Te lo dico subito.
  4. Nello studio che ho consegnato, la causa del fenomeno è chiara e viene trattata ma senza alcun improvement (miglioramento). Quel che volevo sottoporre alla dottoressa era esattamente questo: una macroglossia che non retrocede nonostante la causa fosse stata disinnescata. Vi era infatti una ostruzione linfovascolare che avevano risolto con un intervento particolare, aiutati da semplici strumenti. Proprio quelli che avevo già ordinato per anticipare i tempi, nella notte del venerdì;
  5. E se anche per noi fosse un qualcosa di simile?“, chiedo alla dottoressa. La lingua si era gonfiata con i testicoli, in contemporanea: ciò poteva suggerire – più che un irreversibile problema neuro – un possibile accumulo di liquidi localizzato. Era improbabile, lo so, ma non potevamo escludere nulla.
  6. Una volta aggredito l’edema aumentando il diuretico e riducendo il sodio (uno dei sospettati), i testicoli di mio padre si sono sgonfiati. Non la lingua. Perchè non immaginare un blocco linfovascolare a seguito dello schiacciamento della lingua tra i denti, a sua volta provocato dalle dimensioni della stessa? Se la lingua fosse stata piena d’acqua, era verosimile che la compressione ed i traumi dei denti non consentissero ai liquidi di tornare indietro.
  7. A quel punto le chiedo se tutto ciò fosse folle, nemmeno da considerare. Oppure se, al contrario, di fronte ad un disastro imminente valesse la pena provare. Io avevo lo studio con la procedura, lo avevo tradotto e 24 ore dopo avrei ricevuto gli strumenti per metterlo in pratica. Rischi? Zero. Costi? 15 euro compresa la spedizione, sostenuti dal sottoscritto. Non servivano trasferimenti di ospedale: solo buona volontà.
  8. La bravissima dottoressa ragiona sulla pubblicazione che le ho messo davanti e – da medico aperto e intelligente qual è – comprende subito che c’è del razionale e sarebbe un errore non giocarsela. Accetta la sfida e programma per il mercoledì mattina quello che era l’intervento da me proposto, sulla base dello studio americano.
  9. A completamento del discorso va sottolineato che partivamo con un duplice e notevole handicap. Primo: a differenza del case-report della signora noi non avevamo alcuna certezza si trattasse di un edema. Secondo: nel caso della tizia con macroglossia la causa era stata individuata e trattata (deficit di C1 inibitore), per mio padre – invece – non c’era una spiegazione e ciò significava non essere intervenuti sulla causa, ignota (e magari ancora attiva). Non era un aspetto da niente, avrei preferito mettere in pratica il rimedio dopo esserci sbarazzati della causa. Vabbè, inutile posticipare, si doveva agire.

Alla causa avremmo dovuto pensare più avanti e mercoledì gli avrebbero insaccato la lingua come fosse una salamella. In che modo? I còsi che avevo comprato erano dei blocchi mandibolari, spessori da inserire tra i premolari superiori e inferiori, a destra e a sinistra; il loro scopo era quello di liberare la lingua schiacciata tra i denti, fissando la mandibola a stare aperta senza premere su di essa. Fine? Eh no. Una volta messa in sicurezza la lingua dai denti, era necessario impacchettarla e stringere. Ci sono altri dettagli fondamentali (per evitare lesioni, ad esempio) che non sto a scrivere, per brevità. Con la tipa protagonista dello studio, il metodo ha portato ad uno sgonfiamento linguale dopo 12 ore e in pochi giorni tutto era solo un lontano ricordo: le hanno strizzato la lingua forzando il deflusso dei liquidi che la riempivano.

Funzionerà anche con mio padre? Nel prossimo episodio… Ah, se pensi che spendi tanti soldi in cazzate, mentre ciò che sto condividendo ha un valore (potrei tenermelo per me e non dedicare ore a scrivere, rileggere, sintetizzare, pubblicare) e possa essere prezioso per qualcuno cui potesse capitare tutto ciò, puoi ringraziarmi per l’impegno e per la qualità dei contenuti con una donazione cliccando qui sotto.

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