L’immagine di copertina di questo post riprende quel pupazzo del cavolo che ho sempre odiato. Di film del filone Saw l’Enigmista ne ho visto qualcuno controvoglia; quell’imbecille con la maschera e il triciclo non l’ho mai sopportato. Fosse stato reale, l’avrei saccagnato di botte. Bene, al tizio la mia antipatia è giunta a livello telepatico e per vendetta ha deciso di venirci a rompere grandemente le palle, torturando mio padre come faceva con i malcapitati protagonisti al cinema. Ha ordito un piano geniale e diabolico.
Ricorda sempre che non sono un medico, quanto leggi in questo sito è solo il racconto di una storia e del mio parere personale. Per informazioni attendibili e per qualsiasi iniziativa devi consultare un medico.
Sei pronto per Episodio 3 – And soon the Darkness? Ti invito, se non l’hai già fatto, a leggere gli articoli dall’inizio o non capirai un tubo di quello che andrò a raccontare e della sua importanza.
Se sei impressionabile e preferisci non conoscere aspetti così mostruosi della SLA, fermati qui e non proseguire. Io ti ho avvisato.
Siamo nella terza decade di settembre 2018: mio padre stava bene di nuovo, a seguito del ripristino dei livelli di sodio. La lingua si era nel frattempo ingrossata un pochino più della volta precedente, quella in cui tornò di dimensioni normali subito dopo la sospensione di alcuni farmaci ritenuti la possibile causa. Non avendo più questi ultimi cui dare la colpa c’eravamo concentrati sul sodio, al quale non avevamo pensato prima. Avevamo ipotizzato una fantasiosa forma di ritenzione idrica localizzata sui genitali e nella lingua, in un soggetto che – allettato – è predisposto a sviluppare edema. Per evitare che le cose degenerassero, la dottoressa ha deciso bene di sospendere il sodio e di dare qualche botta di diuretico per buttar fuori un po’ d’acqua dall’organismo di mio papà.
L’indomani dall’introduzione di queste misure non mi aspettavo granché, ed infatti non si è visto un bel niente. Nei giorni successivi, però, qualcosa di buono sarebbe dovuto accadere. In effetti andò così: genitali visibilmente meno gonfi. E la lingua? Difficile giudicare, ma a me pareva addirittura peggiorata di un non-so-che. “Vabbè” – mi son detto – “magari per il principio dei vasi comunicanti, l’acqua della lingua è l’ultima che se ne esce fuori. Andiamo avanti e tra 48 ore sarà rimpicciolita“.
Sti cazzi! Ogni giorno correvo con l’ansia di vedere quella diavolo di lingua cedere sotto i colpi del diuretico (e della riduzione delle dosi di sodio), al contrario mi sembrava di percepire un peggioramento piccolo ma quotidiano. Le azioni intraprese (meno sodio, più diuretico) erano vane. Non ci volle molto per capire che avevo, ahimè, l’impressione corretta. La lingua guadagnava in dimensioni dalla sera alla mattina e per la fine di settembre era divenuta sconcertante: lunga, larga, costantemente fuori dalle labbra di svariati centimetri e alta da tenergli le mandibole spalancate. Era come volesse trangugiare in un sol boccone una una fiorentina da 1 kg di carne chianina: metà ce l’aveva in bocca e metà fuori. Non riuscirò mai, per iscritto, a trasmetterti la miseria di quella scena. I brividi nel vederlo ridotto ad un macabro pagliaccio H-24, l’umiliazione quando parenti e amici venivano a trovarci rimanendo sbigottiti e colpiti dal dispiacere.
In pochi giorni il fenomeno aveva fatto scattare l’allarme. La sua lingua era così grossa che oltre a sporgere di parecchio, rimaneva tanto gonfia da fargli assumere, con la bocca, un’apertura dilatata ed innaturale causando disagi e sofferenze mostruose. Stavo perdendo le staffe pure con il Signore: questa sembrava una beffa clamorosa, intollerabile al di là di ogni limite umano; mio papà faceva pena. Sentivo male io per lui, quando prendevo coraggio per guardarlo in volto, il mio stomaco si contorceva. Cosa vedevo? Quella tremenda lingua così grande aveva fatto sì che canini ed incisivi – sopra e sotto – vi si conficcassero dentro, del tutto. Hai presente il dolore fulminante che provi quando ti mordi per un istante? Ecco, mio padre non è che se la mordeva giusto un secondo: aveva le labbra tiratissime per la lingua enorme e tutti i denti – molari, premolari, incisivi e canini – che premevano su di essa o addirittura vi restavano conficcati 24 ore su 24 (è il caso dei denti anteriori). Ben presto dagli angoli della bocca ha iniziato a traboccare sangue giorno e notte: sul suo viso vi erano costanti due rigagnoli, uno a destra ed uno a sinistra, che tracimavano assieme alla saliva tinta di rosso. Senza fermarsi mai. Il vero problema, comunque, non era tanto ciò che usciva quanto quello che se ne andava giù per la trachea, con continuità. Si aspiravano secrezioni tra il rosaceo ed il violaceo, quasi che soffocasse nel suo stesso sangue che prendeva la via dei bronchi nonostante le aspirazioni frequenti. Il volume polmonare aveva cominciato a scendere, senza rialzarsi più. Una catastrofe di malvagità.
Le previsioni? Era questione di poco per scatenare un’infezione complicata, in bocca e ai polmoni a causa di quanto, ora dopo ora, scendeva in trachea: come fai a chiudergli le ferite multiple, quando la lingua sembra esplodergli tra i denti? Aveva occupato tutto lo spazio fino all’estremo, era un’impresa persino entrare col sondino tra le labbra per aspirare un po’: non ci passava manco quello. La lingua si espandeva in alto e in basso esercitando brutale pressione sulla dentatura, facendone una morsa appuntita che la infilzava in modo permanente. Abbiamo cercato di separare denti e lingua con garze e spessori di gommapiuma, invano. Non si poteva aprire di più quella bocca deforme. Non ci stava un divisore/spessore di un millimetro e rischiavamo davvero di rompere una mandibola. L’ipersalivazione, comunque, inzuppava tutto e la forza comprimente faceva scivolare fuori ogni garza intrisa di sangue e con l’impronta degli incisivi sulla lingua, una mini-sindone con i segni della dentatura insanguinata.
L’aspetto del viso di mio papà era per cuori forti: lingua moltiplicata per 10 in volume, protesa oltre le labbra tirate come se gliele stessero spaccando, denti nella carne viva e sangue che scorre dalle estremità della bocca per posarsi su mento e collo, macchiando di rosso bavagli e tovaglioli; l’altro andava in trachea riempiendo la cannula. Aveva gli occhi fuori dalle orbite. Riesci ad immaginare che razza di tortura lo affliggeva senza un attimo di tregua? Mattino, pomeriggio e notte. Senza pause.
Il tentativo del sodio stava miseramente fallendo.
L’unica ipotesi che restava in piedi – purtroppo – era quella dei soli due studi su SLA e macroglossia
Nelle due pubblicazioni si analizza come la lingua degeneri aumentando di dimensioni, per un mix di fattori. Ipertrofia, sostituzione di adipe nei tessuti, sistema neurovegetativo bollito. Stavolta toccava a noi: quei due studi li avevo trovati a luglio e mi avevano terrorizzato. Però – pensavo – trattano di casi rarissimi, non vorrai mica che capiterà a mio padre? Invece sì. Quello che era solo un incubo lontano, ora stava diventando realtà. Era l’inizio di un uragano di ulteriori dolori, sofferenze ed umiliazioni “stampate” sul suo volto. E adesso ci siamo nel mezzo.
Si prospettano due strade, alternative:
- glossectomia: intervento di rimozione chirurgica totale o parziale della lingua;
- asportazione di una o più file di denti per non incorrere in lesioni e infezioni, evitando la glossectomia. Questo significava tenersi però la lingua ingrossata e del tutto fuori da una bocca spalancata e mostruosa. Intollerabile. Una deturpazione vergognosa dell’aspetto di mio papà.
Converrai che nessuna delle due opzioni sia particolarmente felice. Vero? Ma non resta altro. O l’una, o l’altra. Presto. Le infezioni intrattabili sono dietro l’angolo, matematico.
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